Le donne lavoratrici in Svizzera e il suffragio femminile: prospettiva sul presente

Articolo
admin

L'importanza del movimento dei lavoratori per il suffragio femminile

Anche in Svizzera, come altrove, i diritti politici femminili si sono concretizzati grazie all’impegno e alla dedizione di numerose donne – e anche alcuni uomini – che hanno collaborato in e per diverse associazioni femminili le quali, come scrive la storica Susanna Castelletti, furono “il grande motore del percorso suffragista elvetico”[1]. Fortemente eterogeneo, l’associazionismo femminile vedeva al suo interno diverse provenienze. Tra queste c’era l’ala del movimento operaio, che mostrò una presa di posizione non sempre lineare e condivisa per il raggiungimento del suffragio femminile.

Da un lato, ci furono numerose attiviste legate al movimento operaio che colsero, sin dall’inizio del Novecento, l’importanza del voto anche per le donne dei ceti popolari; il ruolo delle suffragette, le quali erano in qualche modo legate alle lavoratrici, è stato senz’altro storicamente fondamentale anche per il tentativo di collegare diritti sociali e diritti politici. Dall’altro lato, le divisioni interne alla classe politica nel contesto della democrazia diretta svizzera e il fatto che l’immaginario maschile sul ruolo della donna fosse stato introiettato dagli stessi movimenti delle donne determinarono, in alcune fasi, forme di timidezza e rallentamenti verso la conquista del voto.

Già nella prima metà del Novecento il movimento operaio femminile sosteneva il diritto di voto e di eleggibilità delle donne, anche se questa rivendicazione era inserita tra quelle più esplicitamente di natura sociale. Ad esempio, nel 1918, in occasione dello sciopero generale, la richiesta di voto femminile fu esplicitata durante la dimostrazione organizzata il 10 luglio di quell’anno a Zurigo dalla socialista Rosa Blog Bollag (1880-1922) dove parteciparono circa 2.000 donne e un’ondata di solidarietà si concretizzò in seno al movimento operaio. Anche nei decenni successivi a lottare per il diritto di voto non furono solo figure femminili, maestre e infermiere, provenienti da famiglie borghesi: le associazioni promotrici del suffragio erano piuttosto eterogenee e comprendevano donne appartenenti al ceto medio basso, sarte e operaie, artigiane e lavoratrici attive nel commercio e nell’industria. Il movimento operaio delle donne, quindi, era certamente toccato dalla questione del suffragio femminile e coltivava anche alleanze, o relazioni, con le donne borghesi, al punto che, secondo la storica Elisabeth Joris, la categorizzazione dei movimenti femminili in borghesi e proletari è troppo semplicistica[2]. In Cantone Ticino, ad esempio, sorsero vari circoli cattolici che, negli anni Venti “organizzano corsi gratuiti per le giovani operaie, si interessano all’organizzazione cristiano-sociale, (…) ma anche culturale e intellettuale delle lavoratrici”[3].

Come è stato ripetutamente sottolineato, il sistema della democrazia diretta svizzera, che assicurava il predominio maschile sulle scelte che riguardavano anche le donne, rallentò l’estensione del suffragio femminile. In seno allo stesso movimento operaio, ancora dopo il secondo conflitto mondiale, rimanevano palesi incongruenze e posizioni differenti. La ricercatrice Béatrice Ziegler, ad esempio, ha mostrato come il partito socialdemocratico di Biel abbia incorporato il movimento operaio delle donne, insieme alle sue preoccupazioni specifiche, mentre altrove nel movimento operaio persistevano uomini contrari all’estensione del suffragio alle svizzere e che definivano il movimento femminista nel suo insieme come un movimento borghese di cui non c’era bisogno[4].

Vigeva inoltre, tra la classe dei lavoratori, l’immagine della donna fragile, semplice ed emotiva, bisognosa della protezione dell’uomo che “si china” su di lei e la “sorregge” nei momenti di difficoltà. Questa concezione femminile era di fatto interiorizzata anche nelle pratiche discorsive del mondo femminile delle lavoratrici[5]. Esse chiedevano anzitutto diritti salariali e delle operaie contro lo sfruttamento economico, formulavano rivendicazioni “per una società migliore […] dove la crudeltà e l’ingiustizia della classe borghese dominante siano finalmente eliminate”[6], intensificavano attività assistenziali e valorizzavano la famiglia[7], mentre un’azione specifica sul piano del diritto di voto non era portata avanti in modo lineare. Come spiega Giorgia Andreani, si dovette aspettare fino alla fine degli anni Sessanta quando, in occasione della decisione della Confederazione di firmare la Convenzione europea dei diritti dell’uomo pur senza aver ratificato l’estensione dei diritti politici alle donne, le lavoratrici si schierano apertamente per il suffragio e divenne loro chiara l’importanza delle alleanze del mondo operaio femminile con altre attiviste per i diritti delle donne[8].

In conclusione, la storia del sostegno al suffragio universale tra gli ambienti operai mostra un problema storico generale e che è anche proiettabile in prospettiva sul presente: esso riguarda il fatto che le donne, ieri come oggi, hanno bisogno di autonomia nelle loro rivendicazioni e che, ieri come oggi, movimenti “a trazione maschile“ non sono sempre in grado di sostenere fino in fondo le loro proposte.

Le opinioni espresse nell’articolo non sono necessariamente quelle della Fondazione Anny Klawa-Morf.

Informazioni sull’ autore: Valeria Camia è una scienziata politica e giornalista. Ha condotto numerose ricerche accademiche per l’Università di San Gallo e ora scrive per giornali e riviste in Svizzera.

[1] Castelletti Susanna, L’arduo cammino, in Castelletti Susanna e Congestrì Marika (a cura di), Finalmente Cittadine!, AARDT, Massagno, 2021, p. 41.

[2] Joris Elisabeth e Witzig Heidi, Brave Frauen, aufmüpfige Weiber: Wie sich die Industrialisierung auf Alltag und Lebenszusammenhänge von Frauen auswirkte (1820–1940). Chronos Verlag, Zurigo, 1995.

[3] Maffezzoli Luigi, Donne che hanno fatto l’Unione. Cento anni dell’Unione femminile cattolica ticinese (1920-2020). Armando Dadò Editore, Locarno, 2021, p. 25.

[4] Ziegler Béatrice, Arbeit – Körper – Öffentlichkeit. Berner und Bieler Frauen zwischen Diskurs und Alltag, 1919 bis 1945. Zürich: Chronos Verlag, 2007.

[5] Bignaghi Maurizio, Il paradosso della cittadinanza, in Castelletti Susanna e Congestrì Marika (a cura di), Finalmente Cittadine!, Massagno, 2021, p. 209.

[6] Al lavoro, compagne!, in “Libera Stampa”, 22.04.1947.

[7] Castelletti Susanna e Testa-Mader, Donne, militanza e cultura nel secondo Novecento, in N. Valsangiacomo, F. Mariani Arcobello (a cura di), Altre culture. Ricerche, proposte, testimonianze, Quaderni rossi 16, Bellinzona, Fondazione Pellegrini Canevascini, 2001.

[8] Andreani Giorgia, Unite e perseveranti, in Castelletti Susanna e Congestrì Marika (a cura di), Finalmente Cittadine!, Massagno, 2021, p. 101-124.